Morire per consegnare una pizza

Ieri sera a Bologna un “rider” è morto mentre lavorava, investito da una volante della Polizia.
Si chiamava Mario e a 51 anni di giorno faceva il postino. Nel weekend, invece, le consegne di cibo a domicilio col motorino. La via dove è stato travolto e ucciso è “via del lavoro”. Un destino beffardo. Quel lavoretto gli ha tolto la vita per guadagnare qualcosina in più. La chiamano “gig economy“, che fa più figo in inglese, ma non sono altro che “lavoretti“. Quelli per tirare a campare. Perché un lavoro normale nemmeno basta più per vivere decorosamente in una grande città. Lavori e sei povero uguale. E allora, nel fine settimana, anziché riposare, lavori ancora. Fai i “lavoretti“. E muori.
Lavoretti” che altro non sono che lavori completamente deregolamentati, senza contratto, senza assicurazioni, senza malattia, senza indennità, senza dignità. Dove devi essere sempre disponibile a consegnare cibo, col caldo, col freddo, con la pioggia, con la neve, perché se ti rifiuti, l’algoritmo ti penalizza e non vieni più chiamato.
Morire sul lavoro, ancora, nel 2019 è atroce.
194 morti sul lavoro dall’inizio dell’anno.
194 famiglie distrutte.
Morire per consegnare una pizza, lo è ancora di più.
E fa incazzare perché a Mario, alla sua compagna, ai suoi familiari, probabilmente non verrà riconosciuto nulla.
Verrà cancellato il suo nome dall’app e verrà dimenticato. Avanti un altro.
Una tristezza infinita.

Morire per consegnare una pizza.
Bologna, Italia 2019

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